mercoledì 19 agosto 2009

Prima che Federigo avesse briga

Stamattina ho comprato il Corriere (oltre a Repubblica, ovviamente). L'ho fatto per leggere i coccodrilli sulla Pivano. In realtà non li ho ancora letti e ho qualche dubbio che lo faccia: ho dato solo una veloce scorsa. Ho invece letto la lettera di Matteo Lazzaro, studente veneto e leghista e la risposta di Galli Della Loggia. Non so dire quale abbia trovato più fastidiosa... Ma li lascio volentieri a giocarsela tra loro. La polemica sull'unità d'Italia mi serve invece come spunto per parlare dei mali della Basilicata e attraverso di essi di quelli dell'intero paese.
Ci è capitato di arrivare a Venosa (la città di Orazio, come si trova scritto dappertutto, compreso sul cartello stradale all'ingresso della cittadina) in tarda mattinata. Abbiamo atteso la fine della celebrazione di un matrimonio per visitare la splendida chiesa della S.S. Trinità, pensando di proseguire il giro con il retrostante parco archeologico che comprende la celebre chiesa incompiuta. In questo caso, purtroppo, mancano i cartelli di segnalazione e solo chiedendo a qualcuno abbiamo scoperto che l'ingresso è un centinaio di metri indietro, verso la città. Ma la scoperta più fastidiosa è stata sapere che il parco archeologico chiude alle 13.30 e non riapre nel pomeriggio. Agosto compreso! Uno dei tanti (troppi) problemi dell'Italia è la mancanza di uniformità negli orari di apertura di siti, musei, chiese, istituzioni culturali. Napoleone avrebbe imposto l'apertura ininterrotta almeno dalle 9.00 alle 17.00, lasciando poi a ciascuna istituzione, laica o religiosa, pubblica o privata, grande o piccola, gratuita o a pagamento, la libertà di prolungare l'orario, anticipando l'apertura o posticipando la chiusura. Ma dalle 9.00 alle 17.00 non ci sarebbero stati né santi né fanti: tutto aperto. Così farebbe un paese civile nell'anno del Signore 2009. L'Italia non è un paese civile. E non è colpa dei Savoia, come vuole una certa storiografia (ommadonna, storiografia è una parola grossa!), né dello stato centralista, né di Roma ladrona. La colpa ricade - potremmo poi discutere sulla percentuale spettante a ciascuno - su uno stato troppo debole, su una società civile miope e menefreghista, su comunità locali più attente al tornaconto particolare che al bene comune, sull'eterna e mai scissa dipendenza ombelicale da santa madre chiesa. Prima di un Napoleone, ci servirebbe un Federico. Altro che Legnano...

Nessun commento: