martedì 31 agosto 2010

Lupus in fabula

Non critico il lupo che mangia la pecora, né la pecora che si fa mangiare dal lupo: è la manifestazione di una semplice - e fondamentale - legge di natura. Ma disprezzo il gregge di pecore che si fa sbranare dal lupo: è la dimostrazione dell'invincibile potere della stupidità.
PS: resto disponibile a esplicare la metafora a chi dovesse trovare oscuro e/o inconcludente questo post.
ALIBI: Calatrava in mostra a Liegi

mercoledì 25 agosto 2010

1994: odissea nell'ospizio

Anno Domini 1994:
- alla Casa Bianca sedeva Bill Clinton
- al Cremlino cercava di rimaner seduto Boris Eltsin
- in Sudafrica le prime elezioni democratiche aperte ai neri portavano alla presidenza Nelson Mandela
- Ayrton Senna diventava mito sbattendo contro un muro a Imola
- Israele e il Vaticano stringevano relazioni diplomatiche ufficiali
- A Cuba tutto il potere era nelle mani di Fidel Castro
- In Libia c'era Gheddafi
- In Iraq c'era Saddam Hussein
- Rafsanjani era il quarto presidente della Repubblica Islamica dell'Iran
- In Francia Mitterand si avviava verso l'ultimo anno del suo secondo (e ultimo) mandato presidenziale
- Nel Regno Unito era Primo Ministro John Major
- In Corea del Nord moriva Kim Il Song
- Yasser Arafat, Yitzhak Rabin e Shimon Peres vincevano il premio Nobel per la pace (i primi due sono morti da anni)
- Ilaria Alpi e Miran Hrovatin venivano uccisi in Somalia
- Io ero alle prese con il servizio civile ed ero ancora lontano dalla metà degli esami universitari
- In Italia Berlusconi, Presidente del Consiglio, in una delle sue residenze private incontrava Bossi per discutere della strategia di governo...
PS: in Libia c'è ancora Gheddafi.

lunedì 23 agosto 2010

Aggiungi un polpo a tavola...

Politologi e analisti che hanno stramazzato i lettori a colpi di dossier sull'inevitabilità del restringimento a 2 dei componenti dei summit che reggono le sorti del mondo devono ormai ricredersi: il G8 non si ridurrà a un moscio G2, bensì si espanderà in un gioioso e variopinto G10! I compiti che i Grandi devono affrontare sono sempre più numerosi e onerosi e per raddrizzare la barra del timone non bastano più - metaforicamente - 8 coppie di braccia. Come bloccare la marea nera che sta uccidendo il Golfo del Messico? Dove parcheggiare in centro a Milano? (dite così perché non avete mai soggiornato a Sant'Antioco City ad agosto!!) A chi affidare il ministero dello sviluppo economico? A questi e a tanti altri angoscianti quesiti soltanto due protagonisti della scena mondiale possono dare adeguata risposta (ma, ahimè, sbajata!): il polpo Paul e l'Associazione Amici della Biblioteca. Quando il gioco si fa duro, io cerco di defilarmi, ma alla chiamata degli Otto Grandi (Grandi..., oddio, qualcuno è così così, va...) non potevo che rispondere, in qualità di Presidente degli Amici, "obbedisco" ("appena trovo un ritaglio di tempo tra le mie molteplici attività", recita integralmente la risposta). Dunque da settembre si torna in pista per salvare l'umanità dal baratro in cui stava precipitando e rischiarare le tenebre dell'ignoranza e della superstizione con la luce rifulgente delle nostre iniziative!
In attesa di conoscere la risposta del polpo Paul (indubitabilmente positiva), rendo noto ai miei dodici lettori che la fregola con le arselle e la capunada carlofortina sono risultate decisamente migliori all'indomani della cena sarda. A riprova che la seconda volta, di solito, è meglio della prima (questa massima non funziona con i governi, soprattutto con alcuni).

ALIBI: Agamennone sulla Futa

lunedì 16 agosto 2010

Tutti al mare!

- La moglie: Ho deciso: l'anno prossimo ci prendiamo una babysitter diciottenne...
- Il marito: Pensiero stupendo! Ma chi lo cura il bambino?!

martedì 10 agosto 2010

Navicelle sarde

Nella newsletter quotidiana Le Monde mi scrive: "La race humaine doit coloniser l'espace si elle ne veut pas disparaître, a prévenu lundi l'astrophysicien Stephen Hawking".
Mi immagino già navicelle sarde parcheggiate ai Bastioni di Orione: alla cazzilla.

sabato 7 agosto 2010

Orfani di Pericle on the beach

Sarà anche stato un bieco imperialista, un estroso puttaniere e un politicante di professione, tuttavia è innagabile che Pericle abbia lasciato un segno indelebile nella cultura occidentale. In quella cultura sempre più in crisi d'identità, forse anche per colpa delle insalate confezionate in vaschette di plastica. Mi dicevo, oggi a pranzo: posso capire che in mezzo ai palazzoni della periferia milanese (ma anche non lontano dal centro, a considerare il caso del pugile ucraino che ha ucciso a pugni la prima persona che ha incontrato per strada, una donna filippina madre di due figli) uno non possa crescere nutrendosi di concetti tanto vaghi quanto profondi come IL BELLO, IL BUONO e IL GIUSTO. Ma che in un paradiso come la costa meridionale della Sardegna, uno debba mangiare un'insalata pre-lavata, pre-condita e pre-confezionata, in un tripudio di plastica, fa cadere letteralmente le braccia, anzi le palle, diciamolo con Aristofane. "Amiamo il bello, ma con semplicità, e ci dedichiamo al sapere, ma senza debolezza" ha detto Pericle (o almeno così gli fa dire Tucidide, che pure non aveva simpatie per i democratici). Ora il massimo a cui possiamo aspirare è un'insalata confezionata a 100 chilometri di distanza, da mangiare con posate rigorosamente di plastica, a cui abbinare una bottiglietta d'acqua da bere in un bicchiere di plastica e un caffè, anch'esso servito in un bicchierino di plastica (ma pagato più che quello in tazzina), mentre si ammira un paesaggio da cartolina e ci si abbandona a riflessioni sul sublime.
Poi a Nora, prima di visitare uno dei siti archeologici più spettacolari di tutta l'isola (e di tutto il Mediterraneo) mi capita tra le mani l'invito a una festa (o qualcosa del genere) sponsorizzata da una concessionaria d'auto che recita: "una notte infinita dedicata a chi ama il Bello... in tutte le sue Forme". Plastiche?

venerdì 6 agosto 2010

Le belle statuine

Sono giorni di maestrale; di bronzetti nuragici (con o senza arco); di cozze e aglio; di posteggi alla pugliese; di spagnoli; di scrittori sardi (sto finendo Debrà Libanòs di Luciano Marrocu e il primo racconto della raccolta Donne a perdere, scritto da Michele Ledda); di tonno rosso, tonnina e fregola; di negozi d'ottica (S&V); di Grand Prix; di ricche colazioni sulla penisola (è il colmo, trovandoci nell'isola dell'isola...). Ma anche di bei marmi, come quelli raffiguranti Druso Minore, suo padre Tiberio e Claudio. Tutti e tre provenienti da Sant'Antioco e conservati al museo archeologico di Cagliari.

giovedì 5 agosto 2010

Monnezza federalista

In un Paese in cui il colore delle strisce pedonali non dipende dal codice della strada ma dalla maggioranza che regge l'amministrazione, non c'è da stupirsi che esistano infinite (e assai fantasiose) varianti nella raccolta differenziata dell'immondizia. Tanto per dire, il bidone dell'umido da noi è verde, qui - nell'isola nell'isola - è marrone. Ci si può abituare, immagino. Anzi, si finisce coll'abituarsi e si dimentica l'idea rivoluzionaria di imporre a tutto il suolo patrio (c'è dell'ironia, ragazzi...) un unico colore valido per tutti, un po' come il semaforo. Ma non parliamo troppo di semafori, che tra poco assisteremo all'ennesimo frutto bacato del federalismo e allora saranno c. amari, con il patema d'animo ogni volta che si oltrepasserà un incrocio: saremo ancora in Padania o abbiamo già passato il Po? E col verde qui ci si ferma o si prosegue spediti? Vabbè, lasciamo stare. Sta di fatto che qui, non solo il bidoncino dell'umido è marrone, ma NON devi lasciarlo fuori dalla porta quando passa la raccolta: il mattino dopo, infatti, non lo ritroverai più! Devi esporre soltanto il bidone marrone più grande: quello lo svuotano e lo lasciano. Quello piccolo, invece, te lo requisiscono e non te lo ridanno più, sciagurato terrorista ecologico che osi lasciar fuori il bidoncino piccolo!
Ha ragione Rumiz: aridatece Peppino Garibaldi!!!

mercoledì 4 agosto 2010

Sonni felici sui Fenici

Oggi siamo tornati (dopo la visita dell'anno scorso) al museo archeologico di Sant'Antioco. La guida ha illustrato le sezioni che lo compongono approfondendo i temi più interessanti e illustrando i reperti più notevoli, dopo un'introduzione sulla storia delle raccolte e sulla genesi della struttura, piuttosto recente. Ha sottolineato il fatto che i reperti funerari provengano in gran parte dalla necropoli fenicia del Monte Sirai. Quella di Sulkis infatti non è stata scavata in modo scientifico per la semplice ragione che sopra vi si trova la moderna città di Sant'Antioco. La casa in cui passiamo le vacanze, a poche decine di metri dal porto, sorge nell'area che i Fenici avevano riservato alle proprie sepolture. Speriamo che la nostra presenza gli sia lieve.

martedì 3 agosto 2010

Cinema in spiaggia

Credevo (speravo) che il ritratto dell'italiano medio offerto dai cinepanettoni fosse una caricatura realizzata intingendo il pennello nel barattolo dell'esagerazione piuttosto che in quello dell'attenta analisi della realtà. Mi sbagliavo. Oggi in spiaggia mi sembrava di essere sul set di un film - uno qualsiasi dell'infinita serie - con Christian De Sica e Massimo Boldi. Famiglia italica al completo, alle prese con le trattative per non comprare nulla dal venditore ambulante di turno, ma per mercanteggiare su tutto, giusto per il gusto (...) di mostrare agli spettatori una presunta conoscenza delle cose del mondo e delle regole del mercato, tanto più di quello "nero". I concetti di originali e copie tarocche sono i fari del pensiero unico, Scilla e Cariddi in mezzo ai quali si barcamenano tra il "vorrei ma non posso" e "io non mi faccio fregare". Lei con le tette siliconate e i tatuaggi che neanche le colleghe di Sasha Grey, lui con la barba di due giorni, il bambino ovviamente Daniel. Non è che l'italiano medio, alla pari dei boss della mafia che rifanno il Padrino, non sia altro che lo specchio di uno specchio (deformante, ma non troppo)?

lunedì 2 agosto 2010

Regressione dialettale

Da un po' di tempo a questa parte mi ritrovo a riflettere sul tema del dialetto. Non che nutra particolare interesse verso questo argomento: noto soltanto una sempre più diffusa abitudine a esprimersi col dialetto locale piuttosto che con la lingua italiana. Ne ho parlato anche con Marcello Fois in occasione dell'intervista almuerzo per ALIBI, l'anno scorso.
Ieri a Calasetta, mentre bevevo il caffè, alcuni avventori isolani chiacchieravano in quello che dovrebbe essere (se non erro) il dialetto carlofortino, con un'inflessione e diversi termini molto simili al genovese. Ovviamente capivo pochissimo o niente del tutto di quanto si dicevano. Così come non ho potuto apprezzare le canzoni di Piero Marras al concerto di ieri sera in piazza a Sant'Antioco.
Mi capita sempre più frequentemente di domandarmi a cosa si debba questa moda o questo revival del dialetto. Necessità di esprimersi nella lingua materna? Omaggio alle proprie origini? Scelta ideologica? Incapacità di tradurre in italiano gli stessi concetti con le stesse parole? Non so rispondermi. Notavo anche, tra me e me, che tolti alcuni parenti di una certa età, le persone con cui parlo solitamente a casa e nella vita di tutti i giorni si esprimono in italiano. Altrove prevale invece il dialetto, anche tra i più giovani. Le burine di Ostia sono i personaggi dell'estate, il che la dice lunga (sull'estate e sui giovani del Duemila). Ma anche qui, in spiaggia, il dialetto imperversava. Ho sentito una signora veneziana constatare che tutto il suo armementario da mare era fabbricato in Cina: qui xe tuto madeincina (pronunciato: made in cina). Così, quando il barista mi ha presentato la tazzina sul bancone dicendo "ecco il buon caffè", ho risposto sovrappensiero: "sperèm!".

PS: questo post, come tutti gli altri, dovrebbe avere un'immagine d'accompagnamento. Purtroppo però pare che in Sardegna sia più facile vedere le Madonne per strada che avere una connessione internet degna di questo nome. Un'altra caratteristica che accomuna l'Isola al resto del Continente. Tutta l'Italia non è un paese per giornalisti culturali...
PS 2: finalmente sono riuscito a caricare l'immagine! È una vignetta di Mauro Patorno, presa dal suo blog http://mauropatorno.blogspot.com

domenica 1 agosto 2010

Siamo alle sarde

Questo paese mi va sempre più stretto. E non mi riferisco (solo) alla ridente terra degli asparagi rosa. Ogni giorno che passa mi pare di scorgere nuovi segni di un'imminente notte medievale che non riesco a prefigurarmi se non come notte della ragione, nonostante tutto lo sforzo dei medievisti a convincerci che l'età di mezzo aveva i suoi splendori: da antichista di vecchia scuola mi devo ancora riprendere dalla caduta dell'impero romano d'occidente...
Poi, sdraiato in un angolo di paradiso, a pochi chilometri dalla colorata e sorprendente Bosa, leggo su D - La Repubblica delle Donne l'intervista a Ornella Demuru, segretaria nazionale di Indipendèntzia Repùbrica de Sardigna. E mi cadono le braccia (sono un signore, anche in spiaggia). La giornalista Gabriella Saba domanda: "Torniamo a Irs: vi definite indipendentisti, pragmatici e moderni. In pratica?"
Risposta: "Tanto per cominciare, crediamo che la Sardegna abbia i requisiti per diventare una repubblica indipendente. La nostra storia non si identifica con quella italiana e la nostra cultura ha un'altra origine. I sardi hanno un'identità definita, che risale all'età nuragica. Hanno sempre preso le distanze dalle dominazioni e hanno avuto ben quattro secoli di autonomia con la civiltà dei Giudicati. E alla fine del Settecento erano anche sul punto di ottenere l'indipendenza. Perché l'esigenza di affrancarsi si propone periodicamente. Una specie di ruota di corsi e ricorsi".
Non ho mai avuto simpatie per i nazionalismi, ma i regionalismi proprio non li sopporto. Tanto meno quelli che si travestono da nazionalismi. Zioporcino, siamo nel 2010 dopo Cristo. In uno stesso giorno, oggi, sono riuscito ad assistere a due processioni di santi a meno di duecento chilometri di distanza, accomunate dall'eterna, italianissima, convivenza (mi stava per scappare connivenza...) tra autorità, forze dell'ordine in alta uniforme e prelati. Qui, in Sardegna. In questa splendida terra gelosissima, a detta di alcuni (molti?), delle proprie tradizioni e della propria specificità. Come se quest'ultima esistesse, in una sua platonica e ideale forma iperurania, perfettamente riconoscibile e dimostrabile senza ombra di dubbio all'italiano medio che si aggira in pantaloncini corti e infradito. Io mica l'ho vista. Vedo i sardi, così come leggo su internet gli sberleffi (sto leggero) che vicendevolmente si scambiano tra cagliaritani e sassaresi e oristanesi (?) e nuoresi, che in confronto bresciani e bergamaschi si voglion bene. Anno del Signore 2010.
Pensavo che fossimo alle cozze. E invece siamo alle sarde...