domenica 1 agosto 2010

Siamo alle sarde

Questo paese mi va sempre più stretto. E non mi riferisco (solo) alla ridente terra degli asparagi rosa. Ogni giorno che passa mi pare di scorgere nuovi segni di un'imminente notte medievale che non riesco a prefigurarmi se non come notte della ragione, nonostante tutto lo sforzo dei medievisti a convincerci che l'età di mezzo aveva i suoi splendori: da antichista di vecchia scuola mi devo ancora riprendere dalla caduta dell'impero romano d'occidente...
Poi, sdraiato in un angolo di paradiso, a pochi chilometri dalla colorata e sorprendente Bosa, leggo su D - La Repubblica delle Donne l'intervista a Ornella Demuru, segretaria nazionale di Indipendèntzia Repùbrica de Sardigna. E mi cadono le braccia (sono un signore, anche in spiaggia). La giornalista Gabriella Saba domanda: "Torniamo a Irs: vi definite indipendentisti, pragmatici e moderni. In pratica?"
Risposta: "Tanto per cominciare, crediamo che la Sardegna abbia i requisiti per diventare una repubblica indipendente. La nostra storia non si identifica con quella italiana e la nostra cultura ha un'altra origine. I sardi hanno un'identità definita, che risale all'età nuragica. Hanno sempre preso le distanze dalle dominazioni e hanno avuto ben quattro secoli di autonomia con la civiltà dei Giudicati. E alla fine del Settecento erano anche sul punto di ottenere l'indipendenza. Perché l'esigenza di affrancarsi si propone periodicamente. Una specie di ruota di corsi e ricorsi".
Non ho mai avuto simpatie per i nazionalismi, ma i regionalismi proprio non li sopporto. Tanto meno quelli che si travestono da nazionalismi. Zioporcino, siamo nel 2010 dopo Cristo. In uno stesso giorno, oggi, sono riuscito ad assistere a due processioni di santi a meno di duecento chilometri di distanza, accomunate dall'eterna, italianissima, convivenza (mi stava per scappare connivenza...) tra autorità, forze dell'ordine in alta uniforme e prelati. Qui, in Sardegna. In questa splendida terra gelosissima, a detta di alcuni (molti?), delle proprie tradizioni e della propria specificità. Come se quest'ultima esistesse, in una sua platonica e ideale forma iperurania, perfettamente riconoscibile e dimostrabile senza ombra di dubbio all'italiano medio che si aggira in pantaloncini corti e infradito. Io mica l'ho vista. Vedo i sardi, così come leggo su internet gli sberleffi (sto leggero) che vicendevolmente si scambiano tra cagliaritani e sassaresi e oristanesi (?) e nuoresi, che in confronto bresciani e bergamaschi si voglion bene. Anno del Signore 2010.
Pensavo che fossimo alle cozze. E invece siamo alle sarde...

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