venerdì 6 agosto 2010

Le belle statuine

Sono giorni di maestrale; di bronzetti nuragici (con o senza arco); di cozze e aglio; di posteggi alla pugliese; di spagnoli; di scrittori sardi (sto finendo Debrà Libanòs di Luciano Marrocu e il primo racconto della raccolta Donne a perdere, scritto da Michele Ledda); di tonno rosso, tonnina e fregola; di negozi d'ottica (S&V); di Grand Prix; di ricche colazioni sulla penisola (è il colmo, trovandoci nell'isola dell'isola...). Ma anche di bei marmi, come quelli raffiguranti Druso Minore, suo padre Tiberio e Claudio. Tutti e tre provenienti da Sant'Antioco e conservati al museo archeologico di Cagliari.

giovedì 5 agosto 2010

Monnezza federalista

In un Paese in cui il colore delle strisce pedonali non dipende dal codice della strada ma dalla maggioranza che regge l'amministrazione, non c'è da stupirsi che esistano infinite (e assai fantasiose) varianti nella raccolta differenziata dell'immondizia. Tanto per dire, il bidone dell'umido da noi è verde, qui - nell'isola nell'isola - è marrone. Ci si può abituare, immagino. Anzi, si finisce coll'abituarsi e si dimentica l'idea rivoluzionaria di imporre a tutto il suolo patrio (c'è dell'ironia, ragazzi...) un unico colore valido per tutti, un po' come il semaforo. Ma non parliamo troppo di semafori, che tra poco assisteremo all'ennesimo frutto bacato del federalismo e allora saranno c. amari, con il patema d'animo ogni volta che si oltrepasserà un incrocio: saremo ancora in Padania o abbiamo già passato il Po? E col verde qui ci si ferma o si prosegue spediti? Vabbè, lasciamo stare. Sta di fatto che qui, non solo il bidoncino dell'umido è marrone, ma NON devi lasciarlo fuori dalla porta quando passa la raccolta: il mattino dopo, infatti, non lo ritroverai più! Devi esporre soltanto il bidone marrone più grande: quello lo svuotano e lo lasciano. Quello piccolo, invece, te lo requisiscono e non te lo ridanno più, sciagurato terrorista ecologico che osi lasciar fuori il bidoncino piccolo!
Ha ragione Rumiz: aridatece Peppino Garibaldi!!!

mercoledì 4 agosto 2010

Sonni felici sui Fenici

Oggi siamo tornati (dopo la visita dell'anno scorso) al museo archeologico di Sant'Antioco. La guida ha illustrato le sezioni che lo compongono approfondendo i temi più interessanti e illustrando i reperti più notevoli, dopo un'introduzione sulla storia delle raccolte e sulla genesi della struttura, piuttosto recente. Ha sottolineato il fatto che i reperti funerari provengano in gran parte dalla necropoli fenicia del Monte Sirai. Quella di Sulkis infatti non è stata scavata in modo scientifico per la semplice ragione che sopra vi si trova la moderna città di Sant'Antioco. La casa in cui passiamo le vacanze, a poche decine di metri dal porto, sorge nell'area che i Fenici avevano riservato alle proprie sepolture. Speriamo che la nostra presenza gli sia lieve.

martedì 3 agosto 2010

Cinema in spiaggia

Credevo (speravo) che il ritratto dell'italiano medio offerto dai cinepanettoni fosse una caricatura realizzata intingendo il pennello nel barattolo dell'esagerazione piuttosto che in quello dell'attenta analisi della realtà. Mi sbagliavo. Oggi in spiaggia mi sembrava di essere sul set di un film - uno qualsiasi dell'infinita serie - con Christian De Sica e Massimo Boldi. Famiglia italica al completo, alle prese con le trattative per non comprare nulla dal venditore ambulante di turno, ma per mercanteggiare su tutto, giusto per il gusto (...) di mostrare agli spettatori una presunta conoscenza delle cose del mondo e delle regole del mercato, tanto più di quello "nero". I concetti di originali e copie tarocche sono i fari del pensiero unico, Scilla e Cariddi in mezzo ai quali si barcamenano tra il "vorrei ma non posso" e "io non mi faccio fregare". Lei con le tette siliconate e i tatuaggi che neanche le colleghe di Sasha Grey, lui con la barba di due giorni, il bambino ovviamente Daniel. Non è che l'italiano medio, alla pari dei boss della mafia che rifanno il Padrino, non sia altro che lo specchio di uno specchio (deformante, ma non troppo)?

lunedì 2 agosto 2010

Regressione dialettale

Da un po' di tempo a questa parte mi ritrovo a riflettere sul tema del dialetto. Non che nutra particolare interesse verso questo argomento: noto soltanto una sempre più diffusa abitudine a esprimersi col dialetto locale piuttosto che con la lingua italiana. Ne ho parlato anche con Marcello Fois in occasione dell'intervista almuerzo per ALIBI, l'anno scorso.
Ieri a Calasetta, mentre bevevo il caffè, alcuni avventori isolani chiacchieravano in quello che dovrebbe essere (se non erro) il dialetto carlofortino, con un'inflessione e diversi termini molto simili al genovese. Ovviamente capivo pochissimo o niente del tutto di quanto si dicevano. Così come non ho potuto apprezzare le canzoni di Piero Marras al concerto di ieri sera in piazza a Sant'Antioco.
Mi capita sempre più frequentemente di domandarmi a cosa si debba questa moda o questo revival del dialetto. Necessità di esprimersi nella lingua materna? Omaggio alle proprie origini? Scelta ideologica? Incapacità di tradurre in italiano gli stessi concetti con le stesse parole? Non so rispondermi. Notavo anche, tra me e me, che tolti alcuni parenti di una certa età, le persone con cui parlo solitamente a casa e nella vita di tutti i giorni si esprimono in italiano. Altrove prevale invece il dialetto, anche tra i più giovani. Le burine di Ostia sono i personaggi dell'estate, il che la dice lunga (sull'estate e sui giovani del Duemila). Ma anche qui, in spiaggia, il dialetto imperversava. Ho sentito una signora veneziana constatare che tutto il suo armementario da mare era fabbricato in Cina: qui xe tuto madeincina (pronunciato: made in cina). Così, quando il barista mi ha presentato la tazzina sul bancone dicendo "ecco il buon caffè", ho risposto sovrappensiero: "sperèm!".

PS: questo post, come tutti gli altri, dovrebbe avere un'immagine d'accompagnamento. Purtroppo però pare che in Sardegna sia più facile vedere le Madonne per strada che avere una connessione internet degna di questo nome. Un'altra caratteristica che accomuna l'Isola al resto del Continente. Tutta l'Italia non è un paese per giornalisti culturali...
PS 2: finalmente sono riuscito a caricare l'immagine! È una vignetta di Mauro Patorno, presa dal suo blog http://mauropatorno.blogspot.com

domenica 1 agosto 2010

Siamo alle sarde

Questo paese mi va sempre più stretto. E non mi riferisco (solo) alla ridente terra degli asparagi rosa. Ogni giorno che passa mi pare di scorgere nuovi segni di un'imminente notte medievale che non riesco a prefigurarmi se non come notte della ragione, nonostante tutto lo sforzo dei medievisti a convincerci che l'età di mezzo aveva i suoi splendori: da antichista di vecchia scuola mi devo ancora riprendere dalla caduta dell'impero romano d'occidente...
Poi, sdraiato in un angolo di paradiso, a pochi chilometri dalla colorata e sorprendente Bosa, leggo su D - La Repubblica delle Donne l'intervista a Ornella Demuru, segretaria nazionale di Indipendèntzia Repùbrica de Sardigna. E mi cadono le braccia (sono un signore, anche in spiaggia). La giornalista Gabriella Saba domanda: "Torniamo a Irs: vi definite indipendentisti, pragmatici e moderni. In pratica?"
Risposta: "Tanto per cominciare, crediamo che la Sardegna abbia i requisiti per diventare una repubblica indipendente. La nostra storia non si identifica con quella italiana e la nostra cultura ha un'altra origine. I sardi hanno un'identità definita, che risale all'età nuragica. Hanno sempre preso le distanze dalle dominazioni e hanno avuto ben quattro secoli di autonomia con la civiltà dei Giudicati. E alla fine del Settecento erano anche sul punto di ottenere l'indipendenza. Perché l'esigenza di affrancarsi si propone periodicamente. Una specie di ruota di corsi e ricorsi".
Non ho mai avuto simpatie per i nazionalismi, ma i regionalismi proprio non li sopporto. Tanto meno quelli che si travestono da nazionalismi. Zioporcino, siamo nel 2010 dopo Cristo. In uno stesso giorno, oggi, sono riuscito ad assistere a due processioni di santi a meno di duecento chilometri di distanza, accomunate dall'eterna, italianissima, convivenza (mi stava per scappare connivenza...) tra autorità, forze dell'ordine in alta uniforme e prelati. Qui, in Sardegna. In questa splendida terra gelosissima, a detta di alcuni (molti?), delle proprie tradizioni e della propria specificità. Come se quest'ultima esistesse, in una sua platonica e ideale forma iperurania, perfettamente riconoscibile e dimostrabile senza ombra di dubbio all'italiano medio che si aggira in pantaloncini corti e infradito. Io mica l'ho vista. Vedo i sardi, così come leggo su internet gli sberleffi (sto leggero) che vicendevolmente si scambiano tra cagliaritani e sassaresi e oristanesi (?) e nuoresi, che in confronto bresciani e bergamaschi si voglion bene. Anno del Signore 2010.
Pensavo che fossimo alle cozze. E invece siamo alle sarde...

giovedì 15 luglio 2010

Ruta Saúl

La partenza per la Ruta Saúl è imminente. Devo stirare qualche maglietta e mettere insieme tutti i caricatori dei vari dispositivi che mi porterò, a cominciare dall'iPad. Il trolley da cabina l'ho comprato; l'hotel me l'hanno prenotato; l'auto l'ho noleggiata, ma il GPS non c'è...
Caminante, no hay camino, se hace camino al andar
(A. Machado)

mercoledì 14 luglio 2010

iMac for dummies (and corporate bloggers...)

In due settimane ho portato tre volte l'iMac all'Apple Center per risolvere dei problemi al disco fisso. Alla fine ho dovuto sostituirlo. Ma non è questo il punto (anche se la faccenda mi è costata 150 euri). Non avendo alcuna esperienza in fatto di backup con Time Machine, mi ritenevo già abbastanza abile nell'essere riuscito a salvare tutti i miei dati prima che il disco fisso si impiantasse definitivamente. Poi però è arrivato il momento di fare la migrazione dei file per ripristinare il sistema nell'esatta situazione in cui l'avevo lasciato. Provo la procedura ma mi arresto subito perché compare una finestra con la richiesta di nome utente e password. Come nome utente c'è scritto Apple, mentre il campo sottostante è vuoto. Provo a inserire i miei vecchi dati d'accesso, ma il sistema non li riconosce. Mi invento alcune password a caso, a cominciare da Apple. Nulla. Riporto il computer all'Apple Center e l'esperto mi dice che la migrazione di dati mi costerà 180 euri. Trattengo l'esclamazione di stupore (minchia!!!) ma non la sorpresa. "Non te l'avevano detto?" mi chiede - "No!", rispondo. "Allora per questa volta te la facciamo pagare 1 centesimo" replica. L'operazione è praticamente gratis quindi (infatti non mi chiederà il centesimo), ma comporta un lavoro di diverse ore. Quando torno a prendere il mio Mac, l'esperto mi dice che a lui la migrazione non ha dato alcun problema. Gli dico della finestra con la richiesta di password. E lui serafico ribatte: "Non c'è bisogno della password, basta premere Invio".

lunedì 12 luglio 2010

venerdì 9 luglio 2010

Ars a la mi puerta

Tornando a casa dall'Apple Center ho trovato davanti alla porta una graditissima sopresa: è arrivata la copia di ARS Magazine che la redazione mi ha spedito dalla Spagna. Ho così potuto sfogliare questa bellissima rivista d'arte (assomiglia a quella di Franco Maria Ricci) e ammirare le splendide riproduzioni de L'educazione della Vergine di Velazquez (vedi ALIBI) a corredo dell'articolo di John Marciari.

giovedì 8 luglio 2010

Yes, iPad

Quasi un anno e mezzo dopo l'acquisto dell'iMac (leggi qui) e il giorno dopo la sostituzione del disco fisso che mi ha precocemente abbandonato, è arrivato tra noi il nuovo iPad 3G. Il tripudio è leggermente frenato da un dubbio amletico: "ma a cosa mi servirà esattamente?". Ai bloggers l'ardua sentenza.

venerdì 2 luglio 2010

L'uomo con la pochette

La borsa da uomo è sdoganata ormai da anni (ricordo una puntata di Friends in cui venivano affrontati gli ultimi pregiudizi sul tema. Io comunque aspetto l'arrivo dell'iPad prima di compiere l'insano gesto). Tutt'altro discorso andrebbe invece fatto attorno alla pochette da bagno. Da qualche giorno sono costretto ad andare ai servizi con una bustina blu piuttosto anonima ma che non passa proprio inosservata. Spero che le mie colleghe non pensino che devo cambiare l'assorbente o sistemare il trucco...

giovedì 1 luglio 2010

Appello per Matvejevic

L'anno scorso a Verbania, in occasione di LetterAltura, ho fatto almuerzo con Predrag Matvejevic, autore di Breviario mediterraneo. Durante l'edizione di quest'anno, la storia Mila Orlic e lo scrittore Boris Pahor (guarda il video su ALIBI) hanno lanciato una sottoscrizione di firme in difesa dell'intellettuale, condannato dalla corte suprema croata a 5 mesi di carcere per aver definito "talebani cristiani" alcuni scrittori nazionalisti. Io ho firmato. Chi vuole sottoscrivere l'appello può farlo sul sito dell'Osservatorio Balcani e Caucaso.