Noi filosofi cerchiamo di comprendere il mondo e il meglio che ci possa capitare è di finire scolpiti nel marmo. Vorremmo indicare la retta via alla moltitudine o anche solo al principe di turno, ma nessuno porge orecchio ai filosofi (manco ai filologi, per dirla tutta). Nessuno se li fila, i filosofi.
Noi filosofi allora si arriva al punto di maledire la sorte (ma la sorte non esiste, sostiene ancora ostinatamente qualcuno di noi) che ci ha fatti intelligenti e sensibili agli invisibili legami che uniscono in un tutt'uno il reale. Preferiremmo essere vacui e leggeri come il volgo che sciama per i corridoi dei centri commerciali il sabato pomeriggio (ma anche la mattina, noto).Poi si cede alla perversione di leggere la rubrica di Guia Soncini - passata da Io Donna del Corsera a D di Repubblica - e male ce ne coglie. A te sono sfuggiti gli Smiths mentre guardavi i Duran Duran a Sanremo negli anni Ottanta. Noi già si finiva nelle buche - tra lo sghignazzare delle servette - mentre osservavamo i moti degli astri. E allora capiamo - ahi, che zucche dure abbiamo nosotros los filósofos - che c'è di peggio che essere filosofi (e giornalisti culturali a tempo perso).
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