venerdì 16 ottobre 2009

Sdoppiamento all'ombra del Vesuvio

Tanto per cominciare "all'ombra del Vesuvio" è una licenza poetica. Quando ieri sono arrivato a Napoli, infatti, era notte fonda. Un giovane autista mi accompagnava a Castellammare sfrecciando sull'autostrada deserta e intanto io notavo i caselli edificati in mezzo ai palazzi, letteralmente. Osservavo anche, incantato, le migliaia di luci sparse ovunque, con una densità incredibile. Ovunque eccetto che sul Vulcano. Lui rimane in ombra, oscuro e magnetico.
Pensavo alla mia doppia identità di giornalista-ricarichista (come ho scritto a Calabresi - per altro, sia detto en passant, senza ottenere risposta - il passo tra magazine e magazzeno è assai breve) e mi domandavo se in quel momento fossi più l'uno o l'altro. Clarchent o Superman?
La stessa domanda me la sono posta sulla tazza, quando ho visto i segni lasciati dalla biro che ha perforato la fodera della tasca dei pantaloni. Davvero strumento ambivalente, duplice e versatile la biro: serve al ricarichista come al giornalista. Così son'io, Giano bifronte all'ombra d'o Vesuvio.
Della visita odierna al Museo Archeologico di Napoli ho scritto su ALIBI. Qui pubblico un video della tammurriata che ha concluso la cena.

PS: che ti fa il bravo giovane arrivato davanti al cancello della residenza? A mezzanotte spaccata strombetta per farsi aprire. Ah, gli immortali luoghi comuni!

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