domenica 27 aprile 2008

Merlo in alto mare

Sul traghetto verso la Sardegna ho letto l’analisi di Francesco Merlo su V-Day di Grillo a Torino, pubblicata su Repubblica di oggi. L’autore mi è parso mancare il bersaglio in diversi passaggi, a cominciare dall’avvio in prima pagina, nel quale afferma – opinabilmente – che il comico è in crisi creativa e che non fa più ridere. Qualche settimana fa, ancora sotto elezioni, El Pais ha pubblicato un’intervista al comico genovese di Laura Lucchini, collaboratrice italiana. Questo pezzo può essere preso come esempio di buon giornalismo (cioè giornalismo nell’unico significato che dovrebbe avere): dava conto del fenomeno Grillo partendo dalle sue stesse parole.
Il commento di Merlo rappresenta, invece, secondo me – ovvio – una prova di cattivo giornalismo: il giudizio personale prevale abbondantemente sull’analisi e quel che è peggio, viene espresso sulla base di argomenti particolarmente deboli, con il risultato, come anticipato, di mancare il bersaglio. Che Grillo attacchi i giornali “perché non scrivono quel che vuole lui e come vuole lui” è un’opinione di Merlo e pure infondata. Basta sentire i brevissimi estratti passati dai telegiornali per capire che è non quello il motivo alla base della critica di Grillo all’informazione italiana. Un’amenità del genere sta bene giusto sulla bocca di Emilio Fede. Sul numero dei presenti in piazza e sulla percentuale di “portoghesi” arrivati solo per scroccare uno spettacolo gratis il giudizio di Merlo mi pare ancora fuori strada: basterebbe che si informasse, da giornalista, sulle presenze di pubblico agli spettacoli a pagamento del comico per convincersi che in tanti sono disposti a spendere decine di euro per le “lezioni” di Grillo. Il punto più basso dell’articolo però mi pare la frase “abbiamo imparato molte più cose da Totò che non da Gramsci”. È una banalità, è un cedimento del tutto non richiesto all’italianissimo vezzo di credere che la cultura bassa sia molto più utile (o nei casi, dilettevole, educativa, degna di memoria) di quella “alta” (nei casi, etica, filosofica o politica). Qui Merlo è molto più Grillo di Grillo, con l’aggravante di essere giornalista e non comico. Per di più la sua non-battuta non fa neppure ridere. La chiusa ribalta infine in modo assai maldestro la principale accusa di Grillo al giornalismo italiano (che è quella appunto di NON fare giornalismo): “l’importante è non attaccare il diritto degli altri a ficcare il naso nella realtà”. Appunto! Ficcate il naso nella realtà! Magari i giornalisti di La7 in quella di Telecom (chi scrive ha trascorso gli ultimi 11 mesi senza linea telefonica, come altre centinaia di utenti in tutta Italia, senza alcuna assistenza né informazione da parte dell’ex monopolista che tuttora opera come in regime di monopolio). Magari quelli di Repubblica su De Benedetti. Non parliamo di quelli del Giornale o del Foglio su Berlusconi. Siamo sempre alle solite. Certi giornalisti non apprezzano che qualcuno riveli che il re è nudo, al posto loro. Ma loro sono presi a sfilare, ignudi pur essi, alcuni sopra altri dietro il carro del sovrano.

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