Enrico Deaglio lascia la direzione di Diario. Sono sorpreso e dispiaciuto. Non lo ringrazierò mai abbastanza per avermi dato l'opportunità di collaborare alla rivista (nella vecchia forma settimanale e in quella attuale, quindicinale) e di conoscere i componenti della redazione. Sono passati più di sei anni dal nostro primo incontro, casuale (o era destino), alla Croce Rossa di Tarifa, di fronte a Tangeri, a migliaia di chilometri da Milano.
Ricordo ancora l'emozione e il tremore della mano mentre scrivevo il mio contatto sul foglietto che gli avrei dato di lì a qualche minuto. Ero entrato nella sala d'attesa, vuota, per calmarmi un po' e recuperare un battito sopportabile prima dell'approccio in cerca di una collaborazione.
Memorabile il primo scambio di battute:
- Lei è il direttore di Diario?
- Sì.
- Salve, io sono un abbonato...
Da abbonato a collaboratore assiduo (ma sempre abbonato) sfiorando addirittura l'ingresso in redazione. Ma questa è un'altra storia.
Grazie, Enrico.
Ricordo ancora l'emozione e il tremore della mano mentre scrivevo il mio contatto sul foglietto che gli avrei dato di lì a qualche minuto. Ero entrato nella sala d'attesa, vuota, per calmarmi un po' e recuperare un battito sopportabile prima dell'approccio in cerca di una collaborazione.
Memorabile il primo scambio di battute:
- Lei è il direttore di Diario?
- Sì.
- Salve, io sono un abbonato...
Da abbonato a collaboratore assiduo (ma sempre abbonato) sfiorando addirittura l'ingresso in redazione. Ma questa è un'altra storia.
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