venerdì 28 novembre 2008

Vides ut alta stet

Purtroppo dalla finestra del mio studiolo (che non assomiglia per niente a quelli di Federico da Montefeltro e di Isabella d'Este) non vedo il Soratte, immortalato da Orazio sotto una coltre di neve. Ben più modestamente scorgo una montagnetta di terra smossa non so ancora per quale motivo. Ma già temo.
Per alzare il livello del post, cito l'articolo in cui l'ottimo Rumiz ricorda il celebre "riconoscimento" tra Patrick Fermor (autore di Mani, resoconto di un viaggio nel Peloponneso) e il generale tedesco Heinrich Kreipe, durante la seconda guerra mondiale. "Riconoscimento" nel senso che quando quest'ultimo citò l'incipit dell'ode oraziana, Fermor gli andò dietro nella recitazione comprendendo che quello che avevano in comune, ovvero la cultura classica, poteva fungere da ponte per superare le divisioni di parte.
L'articolo potete leggerlo qui.

giovedì 27 novembre 2008

Luttwak il bizantino

A Parigi ho comprato due libri sulla storia dell'impero bizantino. Il primo si intitola L'iconoclasme byzantin ed è opera di André Grabar, il secondo invece è La chute de Constantinople 1453 di Steven Runciman. Due classici.
Poi stamattina, mentre spulciavo i giornali accumulatisi durante il soggiorno parigino, mi sono imbattuto in un interessante articolo di Claudio Gatti su Edward Luttwak, pubblicato sul Sole 24 Ore di domenica scorsa.
Conosco Luttwak soprattutto per l'imprescindibile saggio La grande strategia dell'impero romano che ho studiato durante la preparazione della tesi su Masada. Numerose volte l'ho visto in televisione, chiamato a esprimere il suo punto di vista su questioni di geopolitica e attualità. Giudizi spesso spigolosi, che raramente ho trovato condivisibili. Io e il Professore abbiamo due visioni del mondo e in particolare del ruolo degli Stati Uniti decisamente differenti. Ma è normale.
Meno normale - lo leggo nell'articolo di Gatti - è stato ritrovare il suo nome nelle carte dell'inchiesta su Tavaroli. Mi sono tornati in mente i due libri su Bisanzio leggendo la definizione di "iconoclasta" che spesso viene attribuita a Luttwak. Non solo. Ecco come risponde Tavaroli alla sorpresa del Gip di Milano, a cui ha appena dichiarato che il Professore era sul suo libro paga.
Tavaroli: Io ho avuto casi di gente che, in questo mondo della sicurezza privata, lavorava per tre. E uno anche celebre: Edward Luttwak...
Gip: Questo mi sorprende. Sono un appassionato lettore dei libri di Luttwak.
Tavaroli: No, è un bravissimo professore, ma è...bizantino...
(e poi spiega i vari passaggi di informazioni veicolate da Luttwak).
Sotto l'articolo viene pubblicata un'intervista dello stesso Gatti a Luttwak, questa volta più reticente - e ancora meno convincente - del solito. Forse è meglio ritornare alla lettura della Grande strategia dell'impero romano. Gli studiosi "in trasferta" spesso fanno figure barbine...

mercoledì 26 novembre 2008

Perdiamo la synkrisis

No, non è una brutta parola. E' il termine tecnico con cui gli autori greci definivano il confronto, il paragone, tra due entità, persone o cose. Celebri sono quelle che Plutarco ha inserito alla fine delle sue biografie parallele (almeno a molte di quelle che ci sono pervenute; gli studiosi dibattono, per esempio, sull'assenza della synkrisis nella coppia di Vite di Alessandro e Cesare).
Mi è subito corso alla mente questo vocabolo confrontando la giornata di oggi a quella di ieri. Le foto che pubblico illustrano perfettamente - io credo - la schiacciante vittoria di Parigi e della cultura di respiro europeo sulla Brianza. Ma giudicate voi...

Cous cous dalle parti dell'Imarabe, Parigi.

Panino al Globo, Busnago.

Prima pagina del Pais di ieri.

Prima pagina del Giornale di Vimercate.

martedì 25 novembre 2008

lunedì 24 novembre 2008

Good news from Cameroun

Testina, questa volta l'hai combinata grossa! Sarà stato il sole, sarà stato il mare, sarà stata la distanza da casa, ma questa volta l'hai combinata grossa! E mo che ti regalo? Un abbonamento ad ALIBI?
:-)

domenica 23 novembre 2008

Nosotros estamos aquí

A Parigi fa un freddo becco e piove. Anzi: un paio di ore fa nevicava! Ma Parigi val bene una tormenta. La mostra su Napoleone e l'Egitto all'Institut du Monde Arabe è niente meno che spettacolare. Martedì tornerò a visitarla.

Il ballo della zizzania


Ieri sera abbiamo assistito a una performance di danza (ma non solo) al Théâtre du Lierre di Parigi. Prima dello spettacolo vero è proprio, nel risto-foyer del teatro, quattro ballerine si sono esibite in una curiosa forma di danza. Eccone un breve filmato.

venerdì 21 novembre 2008

Reducir a manteca

Non si finisce mai di imparare. E' questo il bello della vita. Ieri sera insegnavo a due fanciulle il segreto (di pulcinella) della mantecatura. E oggi, preparando il risotto che vedete nella foto, mi sono tornate in mente le parole di ieri sera, compresa la risposta di una delle due ragazze (per il rispetto della cui privacy chiamerò con un nome di fantasia: amica di Vania) all'invito a gustare il risotto alle verdure: "no grazie, l'ho mangiato già lunedì...". Io non avrei mai risposto così e la riprova è che proprio stasera ho cucinato il risotto. Per banalizzare al massimo: esistono gli appassionati di pasta e chi invece preferisce il risotto. Io appartengo a questo secondo gruppo.
Dicevo delle inesauribili lezioni che apprendiamo ogni giorno, spesso in modo molto curioso. Io per esempio ignoravo totalmente che il verbo mantecare deriva dalla parola spagnola manteca che significa "burro". Allora ho cercato un po' in rete e ho trovato questa spiegazione:
Sul perché si dica mantecare, ci sono molte versioni. La più verosimile fa riferimento alla fabbricazione del burro. Come il burro, che secondo il sistema tradizionale si otteneva sbattendo la panna in un recipiente cilindrico verticale (la zangola), tenuto al fresco, fino a quando si rassodava, anche il gelato si otteneva tanti anni fa sbattendo la miscela in un recipiente cilindrico verticale, immerso in ghiaccio e sale. Il burro, in spagnolo, si chiama manteca e resta da vedere come mai si sia usata una parola spagnola per un prodotto così italiano.
Ci è forse arrivata dalla Spagna, dove pure hanno una antica tradizione gelatiera ereditata, anche lì, dagli Arabi, come in Sicilia, o forse il vocabolo è arrivato ai nostri gelatieri, del meridione o del lombardo veneto, attraverso la dominazione Spagnola?
mantecatori verticali sono quelli con i quali è nato il moderno gelatiere artigiano, finalmente affrancato dal problema del ghiaccio e sale, e della necessità di spatolare di continuo via dalle pareti del vaso la miscela che gelando, si trasforma in gelato. Nel primo mantecatore verticale, brevettato nel 1927 dal bolognese Otello Cattabriga, un coltello che si muove verticalmente lungo la parete interna del vaso di mantecazione, riproduce l’azione di “stacca e spalma” fino a quel momento eseguita dal gelatiere, a mano, con una lunga spatola di legno.
La citazione viene da qui. Spero che a Cristina non dispiaccia; per ora la ringrazio.

giovedì 20 novembre 2008

La leche de la noche

Meno di un'ora fa, nel solito hotel dalle parti di Centrale, parlavo con un'amica (per rispetto della cui privacy chiamerò con un nome di fantasia: Vania) dei nuovi distributori di latte che almeno qui in Brianza si stanno diffondendo, pare come funghi, visto il successo che incontrano. Tornando a casa mi sono fermato a prenderne un litro per la colazione di domani e mi è venuto in mente il gustoso (...) titolo che ho dato a questo post. Di suo la parola "leche" (si noti che è femminile) mi riporta al breve soggiorno madrileno della fine dell'anno scorso, quando il figliol sadico sfrugugliava i cabasisi in attesa che il cameriere portasse il biberon pieno, appunto, di leche. Sempre troppo caldo. O calda, che dir si voglia.

Decadenza della Terza

Riporto qui sotto il post che ho scritto ieri notte per PazzoPerRepubblica, invitando i lettori a un sano dibattito.

Il nostro nuovo collaboratore Saul Stucchi, già segnalato mesi fa per il suo blog Bel Paìs, lancia un dibattito sulla Terza Pagina.

Propongo che si apra il dibattito: secondo voi le pagine della cultura sono peggiorate o migliorate negli ultimi anni? A parer mio sono sensibilmente peggiorate. Cerco di spiegarmi. Innanzitutto noto che sempre maggior spazio viene dedicato a polemiche da bottega o di respiro poco più ampio; altro spazio prezioso viene poi speso per riferire di premi e riconoscimenti che fanno, anche qui, tanto Italietta provinciale. Aggiungo gli interventi, peraltro interessanti e acuti come quello di Salvatore Settis sull’edizione di oggi (ieri per chi legge), di esperti e “tecnici” che forse troverebbero migliore collocazione nelle pagine dei commenti.
Ci sono poi le recensioni di opere di collaboratori. Su questo punto continuo a concordare con quanto scritto anni fa da Beniamino Placido (di cui credo tantissimi di noi sentono la mancanza): molte testate straniere riservano ai lavori dei collaboratori uno spazio su un numero speciale pubblicato una volta all’anno (se non ricordo male, Placido citava Le Monde). Considerano infatti poco elegante recensire i lavori di questi ultimi, dando per scontato che esistono problemi di obiettività. Chi mai si permetterebbe di stroncare il libro di un autore che scrive per lo stesso giornale? In realtà una celebre firma di Repubblica un giorno mi ha raccontato un episodio significativo. Avendogli affidato la recensione del libro di un collega, il giornalista ne ha scritto quello che pensava veramente, in pratica stroncando l’opera (che pur ha goduto di buone recensioni su altre testate). Il caporedattore decise di non pubblicare la recensione per motivi di opportunità, anche perché l’autore del libro rivestiva (e riveste tutt’ora) un ruolo molto importante e ben visibile sull’edizione nazionale. Lo stesso caporedattore affidò la recensione a un altro redattore che svolse il compito affidatogli in modo “politicamente corretto”. Per lo stesso principio non nomino i nomi dei due giornalisti (recensore e recensito).
Tolti dunque i pezzi polemici, quelli encomiastici e le marchette, rimane alla fine poco – troppo poco, io credo – che valga la pena di essere letto. Confesso di avere la passione, da molti anni, di ritagliare gli articoli più interessanti. Ho notato che le pagine culturali finiscono sempre più spesso nel bidone della carta insieme al resto del giornale, mentre prima venivano almeno in parte salvate dall’oblio grazie a un paziente lavoro di forbice.
Ma ho detto fin troppo. Ora il dibattito, se volete, è aperto.
PS: ho controllato ora sul motore di ricerca dell’archivio. Il pezzo di Placido a cui facevo riferimento si può leggere qui.

mercoledì 19 novembre 2008

El avatar de Uribe

Avatar è una parola che ho incontrato più volte nella lettura del País. Significa "reincarnazione", mentre al plurale vuol dire "vicissitudini". Sarà per questa duplicità che non riesco a memorizzarla e tutte le volte mi viene in mente il mondo della realtà virtuale, tipo Second Life (di cui ignoro peraltro tutto e resto deciso a persistere in questa forma di ignoranza). Ho trovato avatar anche in questo commento di Bastenier, dedicato al presidente colombiano Uribe. Prendo nota anche del neologismo uribización. Ecco come lo spiega l'autore: "es la fe en un providencialismo personalizado capaz de sanar todos los males, el caudillismo milagrero administrado como curalotodo al cuerpo doliente de la patria; pero no hay atajos terapéuticos". Pare proprio che la Colombia sia messa male. Da che pulpito...

martedì 18 novembre 2008

Pan y tomate y Mantegna

Avendomi il raffreddore occluso un orecchio, ho pensato bene di liberarlo deglutendo qualcosa di più intrigante della saliva.
Mi sono allora preparato una rivisitazione di pan y tomate, una ricetta che Montalbán non aveva remore a definire rivoluzionaria. Nel frattempo mi abbandonavo a un altro dei miei piaceri solitari preferiti (no, non cadete nel malinteso: non mi riferivo all'esaminazione di denarii di Vespasiano!). Ho aperto infatti il plico speditomi da Feltrinelli, contenente Su Mantegna I di Giovanni Agosti. Parigi è dietro l'angolo e mi devo documentare sulla mostra al Louvre.
Manolo, quanto ci manchi...

lunedì 17 novembre 2008

Almuerzo con Mr Patchy

Piacevole pausa pranzo oggi, con Mr Patchy, nel celebre mozzarella-bar all'ultimo piano di un noto magazzino di fronte al Duomo (potrei dire Obikà alla Rinascente, ma non voglio fare della pubblicità gratuita). "Pausa" ovviamente per lui che ha qualcosa da fare prima e dopo, per la quale venir remunerato. Per un viveur in attesa di tempi migliori come me, invece, si è trattato di un almuerzo degno di finire su un post. Questo. Smentendo me stesso ho scartato la prima intenzione, quella di ordinare una mozzarella con prosciutto toscano, per tentare la carta del primo piatto del giorno: una pasta pasticciata che si è rivelata sufficientemente godibile. Peccato invece per il marocchino arrivato già freddo.
Abbiamo parlato di Londra, Parigi, Monaco e Zurigo; di quanto precocemente stiamo invecchiando; del futuro di ALIBI; di voli low-cost; di nonni che viziano i nipoti e della nostra inestinguibile ricerca di un posto al sole.
Giornata anche di sorprese, gradevoli e gradite. Intanto a Milano girano un sacco di fanciulle in fiore: sarà l'estate di San Martino. Poi ho ottenuto un colloquio col nuovo direttore di Diario, più facilmente del previsto. Infine ho incontrato un vecchio collega dei "bei" tempi andati e quello che rischia di diventare il mio prossimo capo. Se non ho capito male, mi ha proposto addirittura un'assunzione. Vedremo.
Intanto penso a Parigi e all'appartamento a due passi da Boulevard Saint-Michel. E mi torna in mente la mia prima lezione di francese. Ou est le metro Saint-Michel?

Belpaís insomne

Notte in gran parte insonne. Così alle 5 ero già al computer, a leggere in anteprima i fatti del giorno sul País. Ho riguardato anche il diario dei primi giorni del 2008 e le note che ho scritto allora mi paiono scritte oggi. Non è un bel segnale. Ma almeno ora ho internet e mi sono fatto una visione molto più chiara di come intendo uscire da questo tunnel che pare infinito. Con la speranza che la luce là in fondo non sia il solito Tir contromano...
, se puede

giovedì 13 novembre 2008

Sono un conservatore

Capiamoci: nel senso di abitudinario. Prendiamo il caso di oggi. Sono andato "al solito" posto e sedendomi mi sono detto: perché non provare un altro panino? Perché "appiattirmi" (ciao, Anto) sul solito Insolito, col rischio di perdermi chissà quali altre ghiottonerie? Allora ho chiesto all'affascinante cameriera - oggi con una notevole minigonna - di portarmi la lista dei panini. L'ho letta attentamente (o quasi al massimo del livello di attenzione che io riesco a mettere nella lettura di un menù) e poi ho scelto. A colpo sicuro: il solito Insolito. Tanto è vero che il barista mi ha anticipato: "con poca maionese, vero?". Ovviamente poi ne ha messa la solita quantità, per non rovinare il giusto equilibrio di sapori. Entro domani sera prevedo di completare la digestione.
Noterella socio-politica. Cercando un'immagine della mortadella su Google Immagini, ho visto che l'argomento ha come "ricerche correlate" il nome Prodi. Ho provato a fare la controprova, scrivendo mafioso, ma gli algoritmi di Google non sono poi così intelligenti come vogliono dipingerli. Tra i risultati si nota una procace Evelina Manna (non so chi sia) e il papa (Benedetto XVI, non Michele Greco) viene subito prima di Andreotti. Compare spesso Alberto Sordi, ma non il nome che mi sarei aspettato...

lunedì 10 novembre 2008

Basilea sfuma

Domani sarei dovuto partire per un viaggio di tre giorni a Basilea. Invece è tutto rimandato a data da destinarsi. Da una parte è un peccato, dall'altra ho più tempo per organizzare i mille impegni che mi assillano in questo periodo. E poi Parigi è dietro l'angolo...

sabato 8 novembre 2008

Il Belgio mi ama

Ho un ammiratore segreto in Belgio. Dalle statistiche noto infatti che un anonimo visitatore, o più anonimi visitatori, si soffermano su Belpais. Non riesco però a capire la città di residenza perché viene registrata con un enigmatico "not set". Allora mi è venuta un'idea assolutamente balzana: che sia un europarlamentare con sistema di navigazione protetto? Di sicuro la spiegazione sarà più banale e prosaica, ma non riesco a immaginarla.
PS: la bandiera col cuore è un'opera di Jacques de Selliers, omaggio a un paese che sta attraversando un momento particolarmente difficile, non solo dal punto di vista istituzionale.

venerdì 7 novembre 2008

Il solito Insolito

Sono giorni che ho i cabasisi che mi fumano come ciminiere. Ad abbassare la temperatura non hanno certo contribuito lo sciopero degli impiegati del comune e la chiusura temporanea dell'ufficio postale "per lavori Telecom". Adesso non ho tempo, ma vorrei una volta ragionare sull'utilità e soprattutto sulla modalità degli scioperi e approfondire il tema della sospensione del servizio. Alla fine, siamo cittadini o sudditi? Non vorrei avviare un discorso qualunquista/populista/conservatore, ma confesso che mi sono scassato i predetti cabasisi e ogni volta vivo con maggiore insofferenza l'interruzione a servizi che comunque pago, sotto forma di tasse.
Allora, per recuperare almeno un po' di serenità, mi sono fermato "al solito posto" per mangiare il solito Insolito: mortadella, zola e maionese (ne chiedo sempre poca, ma ne mettono sempre la medesima quantità, forse per non compromettere il perfetto equilibrio che dà vita a un panino digeribile in appena due giorni, mezzorata più mezzorata meno, direbbe Montalbano). Peccato che la cameriera indossasse i jeans e non una delle sue sensazionali minigonne.
Stasera proseguirò la dieta scacciapensieri con spaghetti ai frutti di mare. Ieri sera, rivedendo la registrazione dell'ultimo episodio di Montalbano, mi è venuta l'acquolina nel vedere quegli spaghi assaporati in riva al mare. Oggi il sole arride alla Brianza: non sarà la Sicilia, ma è quello che passa il convento (o il governo).

giovedì 6 novembre 2008

MJB e l'OdG

Ricordo ancora che l'ultima volta che sono passato dall'Ordine dei Giornalisti della Lombardia stavo ascoltando la versione di One cantata dagli U2 con Mary J. Blige. Stamattina sono tornato all'Odg e nelle cuffie sentivo Robin Thicke feauring MJB in Magic.
La magia non è bastata. Ma forse sono a una svolta.
Keep in touch, amigos.

mercoledì 5 novembre 2008

Yes, they can

Gli Stati Uniti aggiornano a questa pur inquieta fine del 2008 l'orologio della storia. Il nostro rimane invece fermo a un imbarazzante passato che non vuole passare. Ieri sera, nel bar di un hotel della Chinatown milanese, si discuteva delle elezioni americane col barman e una madame che ben conosce la Francia. Entrambi sottolineavano la differenza d'età tra i due candidati, preferendo di gran lunga lo spirito giovanile di Obama alla maturità di McCain. Al che io ho fatto notare che noi ci troviamo proprio in questa seconda situazione (ma molto peggio). Loro hanno risposto che in Italia è diverso.
Infatti in Italia parliamo del 4 novembre 1918, Dell'Utri critica l'antimafia, Andreotti ha un coccolone quando gli chiedono un parere sul futuro dei giovani (mai domanda fu più significativa) e una cattiva imitazione di Marcorè straparla di Bin Laden.
Oggi siamo tutti americani. Oggi anche Belpais.

martedì 4 novembre 2008

Confessione in duomo

Dopo un bel pranzo da Obikà, all'ultimo piano della Rinascente, sono andato a confessarmi in Duomo. Confessione laica, intendo, ma non meno sincera. Ho trovato orecchie disponibili all'ascolto e questa chiacchierata sicuramente mi rimarrà impressa nella memoria.
Merci

lunedì 3 novembre 2008

L'ora della storia

C'è qualcosa che non quadra. In troppi hanno le lancette dell'orologio ferme a un'altra epoca. Leggevo qualche giorno fa le dichiarazioni contro i matrimoni gay della regina madre di Spagna, Sofia. Che una donna di settant'anni esprima considerazioni personali conservatrici e decisamente arretrate è anche accettabile. Meno, credo, che un paese europeo tornato da decenni alla democrazia viva ancora in un regime costituzionale monarchico. Siamo alla fine del 2008, ragazzi.
Certo, poi vedo in giro (tipo in un baretto insospettabile) il calendario 2009 del Duce, con tanto di indicazione dell'era fascista aggiornata, come se il 25 aprile non fosse mai esistito, e mi viene il voltastomaco. Mi dà pure fastidio mettere quest'immagine sul mio blog. L'unico modo sostenibile è pubblicarla a testa in giù.
Da storico non dovrei dimenticare che la storia non procede secondo un piano prestabilito verso magnifiche sorti e progressive e guardare con più distacco alla realtà di questi tempi. Che non è tutta da buttare, in fondo, se un candidato di colore (come si diceva un tempo) ha ottime possibilità di essere il nuovo presidente degli Stati Uniti. Alla faccia di un mondo rimasto ancorato al Vietnam, di madri novantaseienni estratte dal sarcofago e di cultori del localismo coi calzettoni a pon pon e zoccoli di legno.
Tra due mesi è il 2009. Dopo Cristo, per chi non si sia ancora accorto.